«Vivo da 40 anni nello stesso quartiere, a Sarajevo, a due passi da un’antica chiesa ortodossa e da una moschea del XVI secolo. E salendo appena, da casa mia, raggiungo il seminario cattolico. Prima della guerra, quest’armonia, nata dalla differenza, si ritrovava nella vita d’ogni giorno… Sarajevo m’ha aperto gli occhi. Ero stupito nel vedere una città così ricca di grandi qualità umane, soprattutto la tolleranza e la generosità».
Così racconta della sua città il noto scrittore e militare Jovan Diviak, che a Sarajevo vive dal 1966. E questo progetto fotografico di Fabio Marigliano nasce da lontano, quando aveva quattordici anni e ricorda vivide le immagini che i media passavano in TV. Una in particolare rimase impressa: il parlamento di Sarajevo avvolto dalle fiamme. In quel preciso momento si stava consumando la guerra, il più terribile assedio che una capitale europea così vicina alle nostre case avesse mai potuto subire.
A vent’anni dalla fine di quella orrenda carneficina decide di affrontare il viaggio che lo vede protagonista in quella settimana trascorsa esclusivamente nella “Gerusalemme d’Europa”, come viene definita la capitale bosniaca. Un tempo culla di religioni e culture diverse, la città che è stata il simbolo della convivenza pacifica e che nel 1984 ha ospitato anche i XIV Giochi olimpici invernali, tra il 1992 e il 1995 ha sofferto più di tre anni d’assedio da parte delle forze serbo-bosniache.
Oggi la città porta ancora tante ferite, molte ancora visibili e impresse negli occhi degli abitanti, ma vive altresì una lenta rinascita a livello strutturale.